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Ivano Nardi

Batterista, performer, compositore, didatta… in alcuni casi organizzatore visionario e generoso (le iniziative nel quartiere romano di Monte Mario dello scorso anno, dal “MoMa” ai “Venerdì del jazz”). Ivano Nardi è un personaggio e un musicista “underground” che non vuol dire “nascosto”.

I jazzisti romani ed una certa area di quelli nazionali ben conoscono il suo drumming personale e passionale, tagliente, rumoristico, a tratti “teatrale” ma con un preciso senso del tempo e della quadratura. La ricercatezza dei timbri del suo set, la forza – a tratti la violenza – espressiva del suo approccio ne fanno un batterista paragonabile a Tony Oxley, Milford Graves, Sunny Murray. Da sempre attivo nel sociale, ha al suo attivo – a partire dagli anni ’70 – collaborazioni con Mario Schiano, Evan Parker, Steve Lacy, i Cadmo di Antonello Salis, Don Cherry e Lester Bowie. Moltissimi i jazzisti italiani con cui ha lavorato, dal fraterno amico Massimo Urbani a Larry Nocella, da Sandro Satta a Maurizio Giammarco.

Da alcuni anni ha il suo quartetto Open Door, il duo con Marco Colonna ed intreccia le sue bacchette con le ance di Eugenio Colombo, la tromba di Angelo Olivieri, il trombone di Giancarlo Schiaffini, il piano di Gianni Lenoci, il vibrafono di Francesco Lo Cascio ed il contrabbasso di Silvia Bolognesi, collocandosi in una precisa area dell’avanguardia jazzistica di derivazione free e post-free (lo si può ascoltare anche nel bel disco-progetto dedicato a Mario Schiano, “If Not”, di un paio d’anni fa). A quest’artista, conosciuto meno dei suoi meriti musicali, da tempo “A proposito di Jazz” voleva dedicare un ritratto, realizzato ripercorrendo alcune delle ultime registrazioni del batterista, anch’esse dal carattere “underground”, spesso incise dal vivo.

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